Aria Indoor: cosa respiriamo davvero negli ambienti chiusi
- La Redazione
- 21 ott
- Tempo di lettura: 5 min

Quando pensiamo all’aria che respiriamo, la immaginiamo leggera, trasparente, quasi “pura”. Ma l’aria non è mai vuota: è una miscela di sostanze in continuo movimento, che interagiscono tra loro e con tutto ciò che ci circonda — superfici, persone, arredi, tecnologie. Ogni ambiente ha un suo equilibrio chimico e fisico, mutevole nel tempo, influenzato dal modo in cui lo viviamo.
Negli ultimi anni si è parlato sempre più di qualità dell’aria, ma quasi sempre con riferimento all’esterno: smog, traffico, emissioni industriali. Eppure, trascorriamo oltre il 90% del nostro tempo in ambienti chiusi, dove la qualità dell’aria può essere — secondo l’OMS — fino a cinque volte peggiore di quella esterna. Case, uffici, scuole, palestre, mezzi pubblici: l’aria indoor è l’atmosfera reale della nostra vita quotidiana, eppure è anche la meno conosciuta.
Aria Indoor: un' aria solo apparentemente pulita
L’aria di un edificio moderno, ben climatizzato e illuminato, può apparire perfetta. Ma ciò che non si vede non è sempre innocuo. La scienza dell’aria indoor, relativamente giovane, ha mostrato che gli spazi interni ospitano un complesso sistema di scambi tra persone, materiali, superfici e impianti.Ogni oggetto, ogni attività, ogni variazione di temperatura o umidità può modificare la composizione dell’aria.
In uno spazio chiuso, le sostanze emesse da corpi, materiali e tecnologie si sommano, si accumulano e reagiscono.Queste micro-emissioni, spesso impercettibili, creano un ecosistema invisibile in equilibrio dinamico, dove gas, particelle e vapori si combinano in proporzioni che cambiano di ora in ora.L’olfatto, il nostro sensore naturale, non è in grado di percepire la maggior parte di queste sostanze: molte sono inodori, trasparenti e non irritanti, ma possono avere effetti significativi se presenti in concentrazioni elevate o costanti.
Capire cosa contiene l’aria indoor significa quindi spostare lo sguardo dall’apparenza alla composizione, dalla sensazione di “fresco” o “chiuso” ai parametri oggettivi che la definiscono.
Dentro l’aria: le sue componenti principali
L’aria che respiriamo in casa o in ufficio non è composta solo da ossigeno e azoto, ma da centinaia di sostanze che variano nel tempo e nello spazio. Gli studi scientifici individuano alcune categorie fondamentali, che insieme determinano la qualità complessiva dell’aria indoor.
1. Particolato sospeso (PM10, PM2.5 e ultrafini)
Il particolato, indicato con la sigla PM (Particulate Matter), è costituito da minuscole particelle solide o liquide in sospensione.Può derivare da processi di combustione — come cucine a gas, camini o candele — ma anche da polveri sollevate, residui di tessuti, stampanti laser o infiltrazioni dall’esterno.
Le particelle con diametro inferiore a 10 micron (PM10) si fermano nelle vie respiratorie superiori; quelle inferiori a 2,5 micron (PM2.5) penetrano più in profondità nei polmoni, fino a raggiungere il flusso sanguigno.Le più piccole, dette ultrafini, possono addirittura attraversare la barriera ematoencefalica.
Per questo il particolato è considerato uno dei principali indicatori della qualità dell’aria, sia esterna sia interna: un aumento della concentrazione di PM2.5 è spesso il primo segnale di squilibrio nell’ambiente.
2. Composti organici volatili (VOC)
Sotto questa sigla si nasconde una vasta famiglia di sostanze chimiche capaci di evaporare facilmente a temperatura ambiente.Appartengono ai VOC composti molto diversi tra loro, come formaldeide, benzene, toluene, xilene e acetone.Molti di essi vengono rilasciati da materiali e oggetti di uso comune: colle, pitture, detergenti, stampanti, profumatori, persino alcuni tessuti e rivestimenti.
In piccole quantità, i VOC non sono necessariamente pericolosi; il problema nasce dalla loro combinazione e persistenza nel tempo. Anche concentrazioni modeste, se mantenute a lungo, possono alterare il microclima e favorire irritazioni, mal di testa o senso di stanchezza. I VOC rappresentano una parte “chimica” dell’aria indoor: invisibile, ma decisiva per definire il comfort e la salubrità di uno spazio.
3. Anidride carbonica (CO₂)
La CO₂ non è un inquinante, ma un ottimo indicatore di ventilazione. Ogni persona la produce naturalmente respirando; quando la concentrazione supera i 1000 ppm (parti per milione), significa che l’aria non si rinnova a sufficienza.
Un livello elevato di CO₂ non provoca sintomi immediati, ma può generare affaticamento cognitivo, sonnolenza e perdita di concentrazione. Per questo oggi la CO₂ è uno dei parametri più monitorati negli ambienti di lavoro e nelle aule scolastiche: rappresenta il legame diretto tra aria e performance mentale.
4. Ozono (O₃) e ossidi di azoto (NOₓ)
Meno noti, ma presenti anche negli spazi interni, sono l’ozono e gli ossidi di azoto. L’ozono, in particolare, può formarsi da reazioni fotochimiche o essere emesso da alcune apparecchiature elettroniche e lampade UV. In concentrazioni elevate, può irritare le vie respiratorie e ridurre la capacità polmonare. Gli ossidi di azoto (NOₓ), invece, derivano da combustioni incomplete — ad esempio nei piani cottura a gas — e, come l’ozono, possono reagire con altri composti generando particelle secondarie.
Anche se spesso trascurati, questi gas rappresentano un componente reattivo dell’aria indoor, che influenza le trasformazioni chimiche dell’ambiente e interagisce con i VOC, modificandone la tossicità.
5. Umidità e temperatura
Due parametri fondamentali per il comfort percepito e per la qualità complessiva dell’aria. Un’umidità troppo bassa (sotto il 30%) secca le mucose e aumenta la vulnerabilità alle infezioni respiratorie; troppo alta (oltre il 70%) favorisce muffe, acari e proliferazione microbica. L’intervallo ottimale, secondo le principali linee guida internazionali, è compreso tra 40% e 60% di umidità relativa, con una temperatura tra 20°C e 24°C.
Il corretto equilibrio tra temperatura e umidità non è solo una questione di comfort, ma di stabilità chimica: influenza la formazione dei VOC, la dispersione del particolato e la sopravvivenza di agenti biologici.
6. Agenti biologici e microrganismi
Batteri, spore, funghi e pollini fanno parte naturalmente dell’ambiente. Tuttavia, in condizioni di umidità elevata o scarsa ventilazione, possono proliferare oltre la soglia di equilibrio. Le spore fungine, ad esempio, sono tra le principali responsabili delle allergie indoor .Una buona gestione dell’aria non mira a sterilizzare gli spazi, ma a mantenere un ecosistema stabile, in cui gli agenti biologici non diventino dominanti.
Una miscela in continuo mutamento
L’aria di un ambiente non è mai identica a sé stessa. Le concentrazioni di ciascun componente cambiano nel corso della giornata, con la stagione, la temperatura, l’umidità e il numero di persone presenti. Anche un semplice gesto — accendere una stampante, aprire una finestra, cucinare, usare un profumo o un detergente — modifica temporaneamente la composizione dell’aria.
Per questo, parlare di qualità dell’aria indoor significa parlare di equilibrio: un sistema complesso e dinamico, dove fisica, chimica e biologia si intrecciano. E imparare a conoscerlo è il primo passo per gestirlo con consapevolezza.
Una nuova consapevolezza dell’aria che respiriamo
L’aria che respiriamo negli ambienti chiusi è una miscela di vita, materia e interazioni invisibili. Comprenderne la composizione significa riconoscere che la qualità dello spazio non dipende solo da ciò che vediamo o tocchiamo, ma anche da ciò che respiriamo. È una conoscenza che unisce scienza e cultura: un modo nuovo di leggere gli ambienti per prendersi cura delle persone che li abitano.



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